A volte è vero, dal letame nascono i fiori.
Anni fa a Longola (Poggiomarino), in occasione dei lavori per la realizzazione di uno dei depuratori del fiume Sarno, dal fango è emersa una parte dell’abitato di un villaggio protostorico (fine XV sec. a. C.), costruito su isolotti ricavati nella laguna collegata all’antico percorso fluviale. Un sito che ha restituito migliaia di reperti in ceramica, metalli, osso, legno e ambra e che ha permesso l’identificazione di una popolazione di cui parlavano gli autori classici, i Sarrasti.
Un tesoro che sta per sprofondare di nuovo nel fango: lo scavo, dopo le traversie dello scorso anno (incendio di parte dei depositi, allagamenti degli stessi dovuti all’esondazione del Sarno, guasti alle pompe idrovore rimaste a lungo senza manutenzione, vigilanza assicurata solo a singhiozzo) sarà chiuso, i reperti andranno conservati altrove, allontanati dal loro contesto.
Ieri l’ultima manifestazione, organizzata dall’associazione Terramare 3000, per ricordare che non si può vivere solo di emergenze, che Pompei è un simbolo di una politica miope (o furba?) che messa di fronte ai propri errori si difende con lo scudo delle priorità. E’ l’emblema delle decisioni prese senza un minimo di progettualità, ed è ora di cambiare strada.